di Gianni Lannes
Carissime/i vi voglio far partecipi con questa premessa
programmatica alla mia candidatura a sindaco per le prossime elezioni
comunali, in una lista civica che prende il nome di ORTA NOVA PER IL
BENE COMUNE. Orta Nova: cuore della Daunia. Tutti noi avvertiamo il disagio e
proviamo inquietudine nel pensare: se ora stiamo così, come sarà in
futuro?
L’inquietudine deriva da un ideale di città che abbiamo scoperto di avere quando, in mille modi e mai in modo indolore, ci siamo resi conto che la realtà in cui viviamo è totalmente degradata sul piano morale ed ambientale.
Il tempo stringe. E per esprimere concretamente alla città e con la città la volontà di essere disponibili a impegnarsi in prima persona per cambiare, non è rimasto molto tempo. La candidatura, che mi è stata proposta da coloro con i quali, in ambiti diversi, ho sostenuto o sto sostenendo impegni di sensibilizzazione, denuncia e proposta in questo territorio, mi è stata presentata come una questione di coscienza e un impegno morale. E così la intendo e così l’ho accettata. Ma per condividerla con chi vuole affrontare con me questo in/carico, questo servizio da svolgere per la città. Per dimostrare che il cambiamento è possibile e che bisogna realizzarlo insieme.
Non si tratta solo di stilare un programma e preparare la lista. Si tratta di far scaturire e di sostenere questo programma e questa lista dalla volontà e dall’impegno a metterci in gioco, a praticare nella nostra città questa forma di “carità sociale”.
Con liste civiche, per le elezioni comunali, e fuori dal condizionamento dei partiti, dimostrare che il cambiamento è possibile spetta a ciascuno di noi.
Con queste condizioni il valore del programma si misurerà sulla credibilità dei singoli candidati, ma anche sull’impegno che ognuno di noi metterà.
Infatti, comunque vada, è necessario fin da ora impegnarsi, o continuare ad impegnarsi insieme non solo per vincere le elezioni, ma per porre le basi per un impegno civile che non può finire con la croce apposta su una scheda elettorale.
Professionalità, conoscenze, relazioni, devono essere messe in gioco, devono essere messe da ciascuno di noi a disposizione di una causa superiore e di un progetto comune di cambiamento in positivo per la nostra città e per l’intero territorio dei 5 Reali Siti e anche oltre.
In questo cambiamento, che è possibile se ci crediamo veramente, è protagonista non solo chi si mette direttamente in gioco e si "sporca le mani" candidandosi. Deve essere e sentirsi protagonista chiunque voglia coinvolgersi direttamente in questa avventura che intraprendiamo per cambiare in positivo
una città che non ci piace più. Ma per convincere gli altri dobbiamo esserne
convinti noi stessi.
L’inquietudine deriva da un ideale di città che abbiamo scoperto di avere quando, in mille modi e mai in modo indolore, ci siamo resi conto che la realtà in cui viviamo è totalmente degradata sul piano morale ed ambientale.
Il tempo stringe. E per esprimere concretamente alla città e con la città la volontà di essere disponibili a impegnarsi in prima persona per cambiare, non è rimasto molto tempo. La candidatura, che mi è stata proposta da coloro con i quali, in ambiti diversi, ho sostenuto o sto sostenendo impegni di sensibilizzazione, denuncia e proposta in questo territorio, mi è stata presentata come una questione di coscienza e un impegno morale. E così la intendo e così l’ho accettata. Ma per condividerla con chi vuole affrontare con me questo in/carico, questo servizio da svolgere per la città. Per dimostrare che il cambiamento è possibile e che bisogna realizzarlo insieme.
Non si tratta solo di stilare un programma e preparare la lista. Si tratta di far scaturire e di sostenere questo programma e questa lista dalla volontà e dall’impegno a metterci in gioco, a praticare nella nostra città questa forma di “carità sociale”.
Con liste civiche, per le elezioni comunali, e fuori dal condizionamento dei partiti, dimostrare che il cambiamento è possibile spetta a ciascuno di noi.
Con queste condizioni il valore del programma si misurerà sulla credibilità dei singoli candidati, ma anche sull’impegno che ognuno di noi metterà.
Infatti, comunque vada, è necessario fin da ora impegnarsi, o continuare ad impegnarsi insieme non solo per vincere le elezioni, ma per porre le basi per un impegno civile che non può finire con la croce apposta su una scheda elettorale.
Professionalità, conoscenze, relazioni, devono essere messe in gioco, devono essere messe da ciascuno di noi a disposizione di una causa superiore e di un progetto comune di cambiamento in positivo per la nostra città e per l’intero territorio dei 5 Reali Siti e anche oltre.
In questo cambiamento, che è possibile se ci crediamo veramente, è protagonista non solo chi si mette direttamente in gioco e si "sporca le mani" candidandosi. Deve essere e sentirsi protagonista chiunque voglia coinvolgersi direttamente in questa avventura che intraprendiamo per cambiare in positivo
una città che non ci piace più. Ma per convincere gli altri dobbiamo esserne
convinti noi stessi.
Non è solo una questione di numeri. Sta a ciascuno di noi
convincersi e convincere che il mutamento è possibile, che dipende da noi
e che deve continuare anche dopo le elezioni. Ma questo cambiamento
possibile anche e soprattutto se abbiamo fiducia, se confidiamo che anche
colui che si unisce a noi per realizzare questo cambiamento lo fa con lo
stesso disinteressato intento con cui lo facciamo noi.
L’anticipo di fiducia è quindi necessario, è fondamentale. Sia tra di noi, sia nei confronti di coloro che avvicineremo o che ci avvicineranno. Così come è necessario superare il condizionamento che deriva dall’ideologia, qualunque ideologia, e dalle barriere costituite anche semplicemente dalle parole “destra” e “sinistra”. E l’antidoto è costituito da due piccole parole che forse non sono più di moda: ideale e insieme.
Il significato del termine “ideale” supera quello del termine ideologia e il significato di “insieme” supera quello di partito.
I partiti portatori di ideologia non sono più credibili perché hanno perso di vista l’obiettivo del bene comune, quando non lo hanno addirittura sostituito con l’interesse di partito o, peggio, con l’interesse personale. Le separazioni dovute alla divisione di “destra” e “sinistra” se non mirano più all’unico obiettivo da raggiungere che è il bene comune, non hanno più motivo di essere; e se questo obiettivo lo hanno ancora lo possono realizzare facilmente solo se, in vista del bene comune, dimostrano di essere disponibili a superare le barriere erette dai termini “destra” e “sinistra”.
Noi siamo qui proprio perché tendiamo a quel bene comune. Bene comune di cui probabilmente ciascuno di noi privilegia o ama o sente un particolare aspetto, ma che sicuramente non è né interesse personale, né interesse di partito.
Se condividiamo questa analisi e questa prospettiva, se condividiamo questo progetto ideale. Se vogliamo realizzare concretamente il cambiamento in positivo per la nostra città. Il momento opportuno è questo. E queste elezioni comunali ne costituiscono il banco di prova. E offrono l’occasione per agire concretamente e per provare che il nostro individualismo positivo, quello che ci rende unici, non ci isola o ci contrappone gli uni agli altri, ma ci rende complementari e sicuramente ci farà vincere la scommessa che una città più
vivibile è possibile.
Pertanto il mutamento, questo cambiamento di cui dobbiamo esser protagonisti, sarà possibile non nel sospetto e nella paura, più o meno inconscia, delle diversità che pur tra di noi esistono, ma nella disponibilità non solo all’accoglienza reciproca in quanto persone di buona volontà in cammino, ma anche all’apertura verso chi mostra questa stessa buona volontà e vuole unirsi a noi in questo cammino. Il cammino è, nel nostro caso, il protagonista dell’avventura.
Perciò, a priori, il nostro progetto di città e insieme di territorio e il nostro impegno, come gruppo e come singoli, non può essere ad escludendum, perché ci avviteremmo su noi stessi e sulle nostre presunte certezze. Ma deve essere ad includendum, e ci deve impegnare a “camminare con”.
Nella divisione, nella faziosità, nel pregiudizio, nel sospetto non si è mai costruito né si potrà costruire nulla di duraturo. Se ci crediamo e se siamo disposti a dimostrarlo prima di tutto a noi stessi e poi a quanti chiederemo di votarci, dovremo dimostrarlo concretamente con la disponibilità a oltranza al dialogo.
E con la convinzione che dovremo trasmettere agli altri, a tutti quelli che incontriamo, e persino ai cosiddetti “avversari”, che una città non si può cambiare solo con il voto e con la delega in toto, ma si può e si deve cambiare con la partecipazione concreta alla vita e alla realizzazione della “polis”, del luogo cioè dove “i molti” vivono. Partecipazione dall’alto in basso e dal basso in alto, per 365 giorni all’anno. Così si esercita la vera democrazia.
Pertanto, ciascuno come può e sa, ascoltiamo e parliamo con tutti, coinvolgiamo tutti. Non si possono accendere speranze che sfocino nel sogno fatuo e inconsistente.
E’ dall’analisi del reale, che non è roseo e di cui ciascuno di noi ha consapevolezza per esperienza diretta, che si deve partire. Affinché la visione di una Orta Nova diversa e migliore, che ognuno di noi coltiva in sé, sia realizzabile.
Ma è solo mettendoci all’opera che possiamo sperimentare cosa siamo capaci di fare. Non basta voler scalare una vetta, o sondare un abisso, occorre misurarsi con la prova e lo si può fare solo provando. Un passo alla volta e insieme. I nostri “doveri più difficili”: lo sdegno, il coraggio, la carità civile, la
speranza. Buon Cammino! A presto...
L’anticipo di fiducia è quindi necessario, è fondamentale. Sia tra di noi, sia nei confronti di coloro che avvicineremo o che ci avvicineranno. Così come è necessario superare il condizionamento che deriva dall’ideologia, qualunque ideologia, e dalle barriere costituite anche semplicemente dalle parole “destra” e “sinistra”. E l’antidoto è costituito da due piccole parole che forse non sono più di moda: ideale e insieme.
Il significato del termine “ideale” supera quello del termine ideologia e il significato di “insieme” supera quello di partito.
I partiti portatori di ideologia non sono più credibili perché hanno perso di vista l’obiettivo del bene comune, quando non lo hanno addirittura sostituito con l’interesse di partito o, peggio, con l’interesse personale. Le separazioni dovute alla divisione di “destra” e “sinistra” se non mirano più all’unico obiettivo da raggiungere che è il bene comune, non hanno più motivo di essere; e se questo obiettivo lo hanno ancora lo possono realizzare facilmente solo se, in vista del bene comune, dimostrano di essere disponibili a superare le barriere erette dai termini “destra” e “sinistra”.
Noi siamo qui proprio perché tendiamo a quel bene comune. Bene comune di cui probabilmente ciascuno di noi privilegia o ama o sente un particolare aspetto, ma che sicuramente non è né interesse personale, né interesse di partito.
Se condividiamo questa analisi e questa prospettiva, se condividiamo questo progetto ideale. Se vogliamo realizzare concretamente il cambiamento in positivo per la nostra città. Il momento opportuno è questo. E queste elezioni comunali ne costituiscono il banco di prova. E offrono l’occasione per agire concretamente e per provare che il nostro individualismo positivo, quello che ci rende unici, non ci isola o ci contrappone gli uni agli altri, ma ci rende complementari e sicuramente ci farà vincere la scommessa che una città più
vivibile è possibile.
Pertanto il mutamento, questo cambiamento di cui dobbiamo esser protagonisti, sarà possibile non nel sospetto e nella paura, più o meno inconscia, delle diversità che pur tra di noi esistono, ma nella disponibilità non solo all’accoglienza reciproca in quanto persone di buona volontà in cammino, ma anche all’apertura verso chi mostra questa stessa buona volontà e vuole unirsi a noi in questo cammino. Il cammino è, nel nostro caso, il protagonista dell’avventura.
Perciò, a priori, il nostro progetto di città e insieme di territorio e il nostro impegno, come gruppo e come singoli, non può essere ad escludendum, perché ci avviteremmo su noi stessi e sulle nostre presunte certezze. Ma deve essere ad includendum, e ci deve impegnare a “camminare con”.
Nella divisione, nella faziosità, nel pregiudizio, nel sospetto non si è mai costruito né si potrà costruire nulla di duraturo. Se ci crediamo e se siamo disposti a dimostrarlo prima di tutto a noi stessi e poi a quanti chiederemo di votarci, dovremo dimostrarlo concretamente con la disponibilità a oltranza al dialogo.
E con la convinzione che dovremo trasmettere agli altri, a tutti quelli che incontriamo, e persino ai cosiddetti “avversari”, che una città non si può cambiare solo con il voto e con la delega in toto, ma si può e si deve cambiare con la partecipazione concreta alla vita e alla realizzazione della “polis”, del luogo cioè dove “i molti” vivono. Partecipazione dall’alto in basso e dal basso in alto, per 365 giorni all’anno. Così si esercita la vera democrazia.
Pertanto, ciascuno come può e sa, ascoltiamo e parliamo con tutti, coinvolgiamo tutti. Non si possono accendere speranze che sfocino nel sogno fatuo e inconsistente.
E’ dall’analisi del reale, che non è roseo e di cui ciascuno di noi ha consapevolezza per esperienza diretta, che si deve partire. Affinché la visione di una Orta Nova diversa e migliore, che ognuno di noi coltiva in sé, sia realizzabile.
Ma è solo mettendoci all’opera che possiamo sperimentare cosa siamo capaci di fare. Non basta voler scalare una vetta, o sondare un abisso, occorre misurarsi con la prova e lo si può fare solo provando. Un passo alla volta e insieme. I nostri “doveri più difficili”: lo sdegno, il coraggio, la carità civile, la
speranza. Buon Cammino! A presto...
